Chi era veramente San Valentino

Chi era veramente San Valentino: il santo degli innamorati…?

🇮🇹 Santo del Giorno: San Valentino di Roma, sacerdote e martire

Il culto di S. Valentino a Roma è molto antico e si riferisce a un sacerdote cattolico del III secolo d.C. vissuto a Roma e morto martire. L’imperatore romano Claudio II il Gotico aveva proibito i matrimoni dei propri soldati, San Valentino venne accusato di aver sposato di nascosto alcune coppie d’innamorati, per questo venne messo a morte e decapitato. In questa ‘visione‘ Maria Valtorta descrive l’ordinazione sacerdotale di San Valentino.

* * *

Scrive Maria Valtorta:

Sono di certo nelle catacombe. In quale? In quale secolo? Non so.
Sono in una chiesa catacombale fatta così:

Catacomba San Valentino - Roma / Maria Valtorta

Insomma a rettangolo terminato da una vasta aula rotonda nel cui centro è l’altare: una tavola rettangolare, staccata dalla parete, coperta da una vera tovaglia, ossia da un telo di lino ad alti orli su tutti i quattro lati, ma senza merletti e ricami.
Sulla parete dell’abside è dipinta una scena evangelica: il Buon Pastore.
Non è certo un capolavoro. Una via di campagna che pare mota gialla; una chiazza verdastra oltre la via, a sinistra di chi guarda, sarebbe il prato; sette pecore ammassate tanto da parere un blocco solo, di cui solo delle due prime si vede il muso mentre le altre paiono fagotti panciuti, camminano sulla via, venendo verso chi guarda, ai limiti del prato. Il Buon Pastore è al loro fianco, sul fondo, vestito di bianco e col manto rosso sbiadito. Ha sulle spalle una pecorina che è tenuta per le zampette da Lui. Il pittore, o mosaicista, ha fatto tutto quello che ha potuto… ma non si può certo dire che Gesù sia bello. Ha il caratteristico volto piatto, largo più che lungo perché preso di fronte, dai capelli stesi e appiccicati, troppo scuri e opachi, dei dipinti e mosaici cristiani primitivi. Non ha neppure la barba. Però nel suo brutto ha uno sguardo mesto e amoroso che attira, ed una mossa, sulla bocca, di sorriso doloroso che fa pensare.
Nel punto segnato da una crocetta vi è una bassa apertura. Ma tanto bassa che solo un fanciullo potrebbe passare senza urtarvi il capo. Sopra, una lapide lunga quanto un uomo segna un loculo. Sulla lapide è scritto il “Pax” che si usava allora e sotto in latino: “Ossa del beato martire Valente”.
Ai lati della epigrafe sono graffite una ampolla e una foglia di palma.

[…]

Sul davanti dell’altare vi sono inginocchiati (dove ho messo i tre punti) tre giovani.
I due ai lati hanno la casacchetta dei diaconi, con le maniche larghe e lunghe oltre i gomiti. Quello di centro ha la veste già a pianeta, con le maniche fatte da una mantellina che va dalle coste alle scapole, a tracolla ha la stola. Vedendo la stola, che se bene mi ricordo non vidi nelle prime Messe, arguisco che non vedo scena dei primi tempi. Penso essere nella fine del secondo secolo o agli inizi del terzo. Però potrei sbagliare, perché questa è riflessione mia e in fatto di archeologia cristiana e di cerimonie di quei tempi sono analfabeta.

[…]

Il neo sacerdote, che è alto, bruno, coi capelli piuttosto ondulati, sui trent’anni, dal volto caratteristicamente romano, canta con bella voce il Vangelo di Gesù e del giovane che gli chiede che fare per seguire Lui. Ha una voce sicura e forte, ben tonata. Empie la chiesa. Canta con canto fermo e con un sorriso luminoso nel volto, e quando giunge al “Vade, quaecumque habes vende et da pauperibus et habebis thesaurum in coelo et veni sequere Me”, la sua voce è uno squillo di gioia e di amore.

Bacia il Vangelo e torna presso il Pontefice che ha ascoltato in piedi il Vangelo, vòlto verso il popolo e con le mani congiunte in preghiera. Il neo sacerdote si inginocchia ora. Il Pontefice invece pronuncia la sua omelia:

«Battezzato nel giorno natale del martire Valente, il nuovo figlio della Chiesa Apostolica e Romana, e fratello nostro, ha voluto assumere il nome del martire beato, ma con quella modifica che l’umiltà attinta dal Vangelo – l’umiltà: una delle radici della santità – gli dettava. E non Valente, ma Valentino volle essere detto. Oh! ma che invero Valente egli è. Guardate quanto cammino ha fatto il pagano la cui religione era il vizio e la prepotenza. Voi lo conoscete quale è ora, nel seno della Chiesa.

[…]

Vendere l’ultima, l’unica ricchezza che ci resta: la vita. Io la mia cadente vita di vecchio. Egli la fiorente vita di giovane. Oh! non deluderci, Pontefice eterno. Concedici il beato martirio! Col sangue vogliamo scrivere il tuo Nome: Gesù Salvatore nostro. Un altro battesimo vogliamo, per la nostra stola che l’imperfezione umana sempre corrompe: quello del sangue. Per salire a Te con stole immacolate e seguirti, o Agnello di Dio che levi i peccati del mondo, che li hai levati col tuo Sangue!
Beato martire Valente, nella cui chiesa siamo, al tuo Pontefice Marcello e per il tuo fratello sacerdote [Valentino] chiedi dal Pontefice eterno la stessa tua palma e corona.»

E non c’è altro.

(Maria Valtorta, “I Quaderni del 1945-1950”, 16 gennaio 1945)

[Foto: “Buon Pastore” Catacombe di San Callisto, Roma da Wikimedia Commons]

Daniel

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