I Vangeli fanno il suo nome una ventina di volte, per dire che è uno dei dodici apostoli e per registrare i suoi passi verso un tradimento che infine viene consumato. L’evangelista Giovanni aggiunge una singolare notizia senza darne una prova: Giuda tiene la cassa ed è ladro. Di lui non si apprende altro dai Vangeli.
Dall’opera di Maria Valtorta – L’Evangelo come mi è stato rivelato – si sono potuti estrarre, per farne un libro (Il mistero di Giuda, CEV), centodieci capitoli che hanno come protagonista, o come figura emergente, il personaggio di Giuda di Keriot. Si tratta della vicenda terrena che Giuda discepolo condivide con il Maestro nei tre anni della vita pubblica di Gesù.
La storia, dunque, si svolge nell’arco di tre anni soltanto, ma è rivelatrice di elementi tali da potere essere composti sulla trama di una biografia. In Giuda c’è del buono, che non manca di manifestarsi in un gesto di eroismo e in momenti di ravvedimento, e c’è del malvagio, che egli coltiva facendolo prevalere fino alla contraddizione di riconoscere l’enormità del proprio peccato rimanendo impenitente.
Lo sceneggiato dal titolo Io sono Giuda, ispirato dall’opera della Valtorta e realizzato in un mediometraggio da Andrea Carabelli con il suo Teatro degli scarrozzanti, non rappresenta tutto il dramma del Giuda valtortiano; ma, nel presentarne alcuni aspetti con appropriata ambientazione scenica, con forza evocatrice nei dialoghi, ed anche con l’artificio di certi intermezzi che sono estranei alla narrazione di Maria Valtorta, può invogliare lo spettatore che ancora non conosca la sua opera a diventarne lettore fino ad esserne conquistato.
Emilio Pisani